digital workspace e smart working

Un percorso strutturato verso il digital workspace e lo smart working, capace di superare la logica emergenziale che ha caratterizzato gli ultimi mesi, è indispensabile se si vuole essere preparati a quello che sarà il futuro del lavoro, cogliendo a pieno le potenzialità del remote working emerse durante i mesi di distanziamento sociale dovuto all’epidemia Covid-19.
Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, durante le fasi più acute del lockdown, i lavoratori da remoto erano 6,580 milioni (circa un terzo della forza lavoro del Paese), a fronte dei 570 mila smart worker del 2019. Hanno fatto ricorso a lavoro da remoto il 97% delle grandi imprese, il 58% delle PMI e il 94% delle amministrazioni pubbliche.

Digital workspace e smart working aprono la strada a un nuovo modo di lavorare

Digital workspace e smart working aprono la strada a un nuovo modo di lavorare

Molte imprese si sono rese conto del ruolo determinante del lavoro da remoto per garantire la continuità del business e le amministrazioni pubbliche hanno capito quanto le nuove modalità abbiano contribuito ad assicurare l’erogazione dei servizi a cittadini e imprese. È inoltre emerso che il concetto di lavoro inteso come presenza fisica in un certo luogo per un numero definito di ore è probabilmente superato.

Digital workspace e smart working potrebbero creare i presupposti non solo per cambiare il modo di lavorare, ma anche per ripensare stili di vita, modelli urbanistici e di sviluppo territoriale.

Digital workspace e smart working ci proiettano nel new normal

Digital workspace e smart working ci proiettano nel new normal

Si è scoperto in questi mesi che molte attività di lavoro collaborativo, come ad esempio i meeting, possono essere svolte in modo più efficace da remoto e che sia le imprese che gli stessi lavoratori riconoscono maggior produttività e coinvolgimento nel lavoro. Non a caso, sempre secondo l’indagine dell’Osservatorio, nel cosiddetto new normal, il 70% delle grandi imprese intende aumentare il numero di giornate di lavoro remoto rispetto alla fase pre-COVID (portandole in media a 2,7 la settimana), ampliando al tempo stesso il numero di smart worker, per includere anche figure professionali in precedenza non previste.

Sta però emergendo anche la consapevolezza che il lavoro remoto emergenziale finora adottato non è il vero smart working, che richiederebbe anche una diversa organizzazione del lavoro e spazi digitali di lavoro (digital workspace) pensati ad hoc. Il 51% delle grandi imprese sta infatti pensando di riprogettare, in questa nuova ottica, anche gli spazi fisici, cambiandone al contempo le modalità di fruizione.

Il luogo di lavoro fisico non verrà comunque eliminato, ma solo concepito ed utilizzato in modo differente. Lo testimoniano le motivazioni che hanno spinto le organizzazioni a far rientrare i propri collaboratori nella seconda fase (maggio-giugno 2020): per promuovere il senso di appartenenza, la socializzazione, la collaborazione e superare lo stress da isolamento.

Inoltre non tutte le attività si possono svolgere da remoto, soprattutto per due ragioni: per caratteristiche intrinseche all’attività che costringono a una presenza fisica e, in secondo luogo, per l’inadeguatezza tecnologica o la limitata digitalizzazione dei processi.

Da lavoro emergenziale da remoto a digital workspace e smart working

Da lavoro emergenziale da remoto a digital workspace e smart working

Per ripensare il lavoro in modo efficace serve dunque un salto tecnologico e organizzativo.
Nella fase di emergenza la direzione IT è dovuta intervenire, spesso con grande sforzo, per consentire la remotizzazione del lavoro, per colmare i gap tecnologici e potenziare l’infrastruttura aziendale. Se lo smart working, come sembra probabile, diventerà un’attività che farà parte della vita lavorativa delle organizzazioni e delle loro persone, si dovrà intervenire in modo strutturato su aspetti quali la sicurezza, la formazione continua all’uso delle nuove tecnologie e l’assistenza da remoto, supportando anche attività complesse come la socializzazione e il brainstorming.

Lo spazio fisico andrà trasformato e rivitalizzato, anche grazie alla tecnologia, per costruire una prossimità fra le persone che consenta la collaborazione e l’incontro tra realtà fisica e virtuale, in un continuum rappresentato da un nuovo digital workspace, un nuovo modo di lavorare che confluisce in quello che oggi molti chiamano hybrid working.

 

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